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Channel: Aulo Crisma – Inchiesta
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Aulo Crisma: Storia di una votazione a San Bortolo delle montagne nei primi anni Cinquanta

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VOTAZIONI

Siamo in un Comune dei Lessini Orientali, Selva di Progno, nei primi anni Cinquanta. E’ tempo di votazioni politiche. Il Comune ha il capoluogo, Selva e la frazione Giazza nel fondovalle.

Altre due frazioni, Campofontana e San Bortolo sono disseminate in sparse contrade in alto sui monti. Complessivamente la popolazione arriva ai duemila abitanti I candidati, per lo più democristiani, si fanno vivi in questi paesini per raccogliere pochi voti. Potrebbero benissimo rimanere a casa poiché quasi tutti votano DC. Ma contano le preferenze. E allora si rivolgono anche ai parroci per raccoglierne il più possibile.

A Giazza un candidato ottiene l’aiuto dell’ansiprete, dell’arciprete, il quale manda in giro per le contrade due giovani maestre ad insegnare come votare. Alla fine del giro vorrebbe rimandarle per le case a sostituire una preferenza. Forse il nuovo arrivato gli ha dato maggiori garanzie per un contributo con il quale aggiustare il tetto della chiesa. Ma le due insegnanti si sono rifiutate di accontentarlo. A Giazza, eccezionalmente, una contrada intera vota comunista o socialista.

A Selva il parroco si meraviglia di vedere due voti per il partito liberale. Nell’omelia dice che non ha mai visto generosa liberalità verso la chiesa da parte di qualcuno.

A San Bortolo, la frazione con il maggior numero di votanti, il seggio, come dappertutto, è aperto nella scuola elementare. Lo presiede un avvocato che ha nominato segretaria sua madre che, poverina, non è in grado di scrivere i verbali. I votanti non esibiscono un documento poiché sono gli scrutatori loro compaesani a garantirne l’identità. Mentre i presidenti degli altri seggi hanno consegnato in municipio i risultati degli scrutini e tutto il materiale intorno alla mezzanotte del lunedì, alle cinque del mattino successivo da San Bortolo non era arrivato nulla se non la richiesta di soccorso.

Il segretario comunale ha pregato i presidenti di Campofontana e Giazza a correre in aiuto del loro collega. Arrivati sul posto trovano l’aula malamente illuminata da due lampadine pendenti dal soffitto. La corrente elettrica, che proveniva dalla centralina di Selva, era troppo scarsa per renderle incandescenti. Gli scrutatori stanchi, assonnati, con la testa ciondolante sui tavoli, hanno un sussulto di sollievo alla vista dei nuovi arrivati. Il presidente, spossato anche lui, manovra incerto sui mucchietti delle schede. Sul pavimento giacciono quelle bianche e quelle nulle.

I soccorritori trascurano quelle valide e passano ad esaminare quelle bianche. Non sono bianche! Portandole vicino agli occhi ed osservandole contro la fioca luce, intravedono il luccichio del segno lasciato dal votante o dalla votante sulla croce dello scudo crociato con la matita copiativa. Un segno di croce sulla croce, senza oltrepassare i confini. I presidenti di seggio spesso facevano legare al ripiano della cabina la matita con uno spago perché non andasse perduta. Talvolta capitava che qualche elettore, mandriano di professione, si portasse via il lapis. Gli serviva per scrivere la data sul formaggio ancora umido. Siccome il numero delle matite restituite doveva essere lo stesso di quelle ricevute, si rimediava rompendo una matita in due.


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